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Lutfi Alia: Luna Senese
E shtune, 06.07.2013, 06:01 PM
LUTFI ALIA
LUNA SENESE
Poesie
SIENA 2013
1
Alla mia nipotina EMMA
Lutfi ALIA
LUNA SENESE
2° EDIZIONE
2
SIENA 2013
INDICE
Prefazione: 4
Prof Guido Morgese
I. Misteri senesi 5
II. Serenate notturne 21
III. Silenzio 43
IV. Altri versi 51
V. Canto di gioia 69
3
Prefazione.
L’incombere di una solitudine che la
folla vociante accentua e un amore temporaneamente cancella, il frequente
affiorare di una dolente, pacata nostalgia, il martellare di un “calvario”
pudicamente non narrato, ma facilmente intuibile come elemento cardine
dell’esistenza, sono tra le note dominanti che percorrono i versi di questo
poeta, sensibile e discreto, semplice e profondo.
Fa da sfondo gran parte dei brani di
questo raccolta, e spesso con un ruolo da protagonista, un paesaggio urbano,
quello delle vie di Siena, sinuose, ricche d’ombra e di mistero, ma
“lastricate” e, quindi, indifferenti alle vicissitudini, ai sentimenti, al
dolore. Illuminate talvolta da anguste strisce di cielo o da balconi fioriti,
ma pronte ad accogliere la notte, il buio, i tristi pensieri, la livida
pioggia. Forse anche protettive dell’esule nel suo solitario vagabondare, eppur
in palese contrasto con gli aperti prati fioriti nelle valli profumate
E l’altra protagonista è la luna, che
da il titolo alla raccolta.
La luna è l’amica migliore, luce nella
notte, che rassicura perché sempre uguale e affascina perché sempre diversa: …
“luna che ride, luna che piange, luna che sale, luna che scende, luna che
compare, luna che si nasconde, luna di giorno, luna di notte, luna calante,
luna piena…”; luna che danza, “timida e silenziosa”, che cammina maestosa su
Siena, che a volte assume le sembianze e lo stato d’animo del poeta, …”silente
luna, pallida eremita…” a volte indifferente: “fredda e silenziosa”, a volte
gioca, “spensierata si specchia diventando blu”, a volte scopre gli amanti
quasi con imbarazzo.
Un posto speciale discreto e
tenerissimo fra i versi di Alia è occupato dai ricordi della madre lontana che
invecchia, della madre che soffre e suscita ansia e sensi di colpa, rimpianti e
ricordi: poesia Elegia della madre è un canto alto e triste, che merita
di essere ricordato, insieme a L’amore senese, Notte senese, ed Una
canzone per la mia nipotina EMMA, fra le più belle poesie di questa
affascinante raccolta.
Prof Guido MORGESE
4
“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI
– 2007
I. MISTERI SENESI
5
L’AMORE SENESE.
Cammino ogni giorno
nel denso mistero senese,
calpestando il grigio indifferente,
e l’ombra della torre del Mangia
che mi accompagna con i suoni di bronzo
scesi dalla campana appesa al cielo.
Per molti anni e pochi giorni
persi negli anfratti
macinando pensieri senza costrutto,
nel calvario d’abbandono,
senza badare al mio destino,
passo nel labirinto senese
percorrendo le vie lastricate,
anguste, tortuose ed ombreggiate,
mi fermo sotto i gerani fioriti su
davanzali,
e davanti i portali chiusi,
il mio passo ebbro rifugge il morente
sole,
i suoi raggi sul filo dei tetti
scrutano il cielo,
muro dopo muro la città nel mistero,
davanti il mio cammino incerto,
apre il sentiero verso la via d’amore,
ove una luce senza margini d’ombra,
illumina l’oscurità
ed il mio cammino tormentato,
buttando in oblio i pensieri
6
NOTTE SENESE.
Il sole tramonta come un canto soave,
si chiude lento il giorno senese,
respira la città un palpito sopito
sotto il silenzio
Su onde confuse di vento,
le nuvole stese come un triste velo,
affumicano lento il cielo,
nascondendo la luna calante,
mentre la città entra nel notturno
come un film in bianco e nero.
Abbracciato con il freddo della sera,
il buio si arrampica sulla punta dei
campanili;
va distesa verso le colline nude,
furba scende la notte tenebrosa,
ma rimane sospesa su
ha paura di occupare il suo spazio,
le luci le strappano il volto annerito.
Il buio denso come uno straccio
squarciato,
nell’ètere allunga la ragnatela nera,
entra nei vicoli stretti e profondi,
si sdraia sui mattoni incupiti,
e nei rigurgiti della notte magica,
oscura il vecchio rossore,
spegne il suono rumoroso
mette in narcosi la campagna
annebbiata,
inizia la sinfonia sorda
Notte silenziosa
notte serena
lenta processione,
di tanto buio all’estremo orizzonte,
dentro di te riposa la vita
stanca dalla giornata rumorosa,
le mura vibrano di bisbiglianti
fruscii,
mentre io sto immobile dentro il
notturno,
nei chiaroscuri
logoro con i miei sogni in silenzio,
che ondeggiano sopra i pensieri stenti,
mi scaldo con la fiducia nel futuro,
e per il nuovo amore senese.
7
VIA DEI TUFI.
Ogni pomeriggio
tornavo a piedi a casa,
prendevo la vecchia via dei Tufi,
stretta, ripida e dissestata,
accompagnato dall’eco dei miei passi,
che disordinati calpestavano l’asfalto
e le piccole pozzanghere dopo la
pioggia autunnale.
Pensieroso
camminavo solitario con il cuore
stretto,
sotto l’ombra degli ulivi,
sentivo il respiro lungo
parlavo con i ramoscelli delle querce,
litigavo con i rovi pensili sulla
strada,
ascoltavo i canti dei passeri,
ed i versi dei fagiani innamorati,
e quando entravo nel cortile della
dimora,
dalla veranda pieno di rose rosse,
mi invitava la padrona di casa ,
a prendere insieme una camomilla.
Lei mi raccontava le sue vecchie storie
d’amore,
ed io il mio calvario senza fine.
Tornai tredici anni dopo in via dei
Tufi
ho trovato vuoto il cortile,
silenziosa la casa,
non c’era più la vecchia signora,
le rose erano appassite,
solo un bocciolo di rosa bianca,
su davanzale della finestra della
padrona di casa,
pendeva sul vuoto solitario e pensoso.
8
VIA MASSETANA.
La finestra della mia stanza
guarda sulla via Massetana,
che sale nei meandri verso Porta San
Marco,
tra i filari di pini e cipressi,
che ariosi rapiscono il mio sguardo.
La finestra vecchia della mia stanza,
si affatica a far passare la luce,
si fa ombra su di me,
e tiene nascosti i ricordi,
che giocano furtivi sui muri bianchi.
Le macchine che passano di notte,
mi impediscono di dormire,
e nella lunga insonnia,
dalla finestra della mia stanza,
guardo la luna alle porte
dove vaga solitaria e malinconica,
mi parla senza voce con un sussurro di
luce,
mentre io nella mia solitudine,
ammiro il suo magico incanto.
9
VIA BANCHI DI SOTTO.
Lungo il selciato in Via Banchi di
Sotto,
al bagliore delle lampadine,
tra loro legate e nel vuoto appese,
sotto il cielo di notte senese,
luce e buio intrecciati insieme
e la mia passeggiata indifferente.
Infilato nel corteo lungo e rumoroso
dei contradaioli gioiosi, alla vigilia
del Palio,
che percorre lo spazio stretto in
Banchi di Sotto,
in due flussi disordinati di andata e
ritorno,
il mio passo lento sotto il peso della
solitudine,
si unisce con la gente nel tripudio
fragoroso,
un’eco di gioia invade il vicolo,
come un canto stonato uscito dal
mistero senese.
10
LA NOTTE DI
In basso il nero fondo
nasconde i segreti senesi,
in alto uno spicchio di luna,
ed i pallidi astri sparsi nel cielo
polveroso,
aperto nella notte di
illuminato dalle stelle cadenti,
che piovono infuocate
come esili pensieri,
s’infilano lenti nel buio denso,
a tutti hanno esaudito i desideri,
a me hanno negato quelli veri,
anche se me lo avevano promesso,
non hanno portato il mio amore,
smarrita nella oscurità della notte,
tra la lunga veglia e il sonno perso.
11
LA PORTA CAMOLLIA.
“Cor magis tibi Sena pandit” *
Tre archi
sorgono maestosi,
come un grido profondo
che sale dalla pietra serena,
si aprono e si chiudono alle tre porte,
legate con le vie strette,
profonde, ombreggiate,
allungate tra le corti scurite,
e le case arroccate,
passando lungo i portali aperti,
muro dopo muro della città nel mistero,
il loro traguardo la piazza del Campo,
e la sagoma della torre del Mangia.
Tre porte,
tre uscite,
tre entrate,
nel crinale
hanno aperto il cuore senese ai
viandanti,
ai vecchi etruschi,
e i romani,
alla gloria dei paladini,
in continuità dei pellegrini,
e tutti gli amici e nuovi ospiti,
che hanno imbastito i rioni senesi.
Sotto l’arco di queste porte,
hanno abbassato la testa,
i barbari rabbiosi,
e vandali sozzi, i re conquistatori e
sconfitti,
tutti, i vecchi e i nuovi nemici.
Le porte di Camollia
rimaste immobili nel corso dei secoli,
come una fotografia attempata,
dove i colori sono tratteggiati,
su una parete crepata dal tempo.
Aperte rimangono le porte
nella notte indolente,
ogni mattina bagnate di rugiada
si innalzano ebbre da misteri notturni,
e nel giorno rumoroso senese,
come lo sbadiglio della vita che si
sveglia,
iniziano il perpetuo cammino,
formicolante gioisce il giorno senese,
12
si disperde il libertino splendore,
aspettando i giorni festosi
e le canzoni dei contradaioli,
accompagnati dalle chiarine
e dai suoni delle campane,
insieme riempiono tutto il cielo
senese,
annunciando la
che mette il vestito festoso per tutte
le stagioni.
*
La vecchia scrittura sulla Porta di
Camollia.
13
LA NOTTE SULLE
Sfoglio la notte
di Siena addormentata,
e dalla mia anima
distesa come un velo scosso dai venti,
fuggo avvolto dall’invisibile,
sempre più lontano
dallo sfolgorio delle luci.
Trapasso
spazi sospesi sopra sospiri infiniti,
e mi fermo
dove si estendono le crete senesi,
in dolci onde nude,
in un ampio respiro di mistero,
che si unisce in rapsodie notturne,
tra i colli grigi e i pianori verdi,
dove muore affannosamente la monotonia,
ma non muoio io e il mio amore …
14
LUNA SENESE.
Un orizzonte di notte profonda,
oscura silenziosa solitudine,
mormora placida
sotto poche forme confuse,
indistinte in bianco e nero.
Seduto sul pendio dei pensieri
guardo la luna sul cielo poggiarsi
e nel chiaror della luce eburnea,
che lento squarcia il buio
mi desto da un lungo sogno.
Notte e mente misteriose
illuminate dalla luna
luce e buio insieme
il visibile ridiventa invisibile
di fronte a me sta la luna senese
fredda e silenziosa,
luna che ride,
luna che piange,
luna che sale,
luna che scende,
luna che compare,
luna che si nasconde,
luna di giorno,
luna di notte,
luna calante,
luna piena,
eburnea luna
lenta si innalza sulla montagna
per poi adagiarsi sul confine
insieme con le stelle lucenti,
che accompagnano i miei pensieri,
fatti di fantasie infinite,
dispersi nell’aria senese.
15
DANZA DELLA LUNA.
In una serata subdola senese,
ebbro dai misteri della notte,
seduto in Piazza del Campo
sotto il freddo silenzioso
mirando l’orizzonte chiuso,
vedo dietro la nuvola che si dissipa,
come danza la luna piena,
timida e silenziosa,
su
inumidisce il suo bianco velo,
si unisce con quelle delle stelle,
insieme iniziano il battesimo
dell’alba,
che biancheggerà potente l’indomani,
al mattino rorido,
devastando il buio denso,
per far nascere il nuovo giorno senese.
16
LA LUNA CALANTE.
Su Siena scende in ritardo la sera,
da tutte le parti calano i misteri,
dietro le confuse nuvole dense
la luna calante ferma la corsa,
resta come una finestra aperta,
e mi reca un messaggio da lontano,
raccontandomi tutto,
niente mi nasconde,
prima di andare nel suo viaggio senza
sosta,
la silente luna, pallida eremita,
in distonia la sua vita traviata,
mi ha lasciato solo nel mio dolore,
sequestrato dal notturno senese,
aspettando con nostalgia,
di ritornare a
dopo la notte ipnotica.
17
LUNA BLU.
La luna
sale sull’orizzonte notturno,
infrange il buio
cade nel mare,
nel lago e nel fiume,
spensierata si specchia diventando blu,
tremula con ritmo delle onde,
si frantuma in mille lustrini,
raggi di luna,
aneliti notturni,
splende in blu la luna,
si lava nell’acqua di Fonte Gaia,
si asciuga nella notte,
per rinascere
eburnea
luna nuova
nel cielo di domani.
18
LA LUNA FREDDA.
L’ultima sera insieme
una candela nella camera buia
scavava nel nero inesauribile,
creava un cerchio di luce sul soffitto
e poi venne spenta dalle nostre
lacrime.
Nel buio denso di quella notte
dalla finestra aperta
indifferente
guardava la luna fredda
noi due
insieme
come Romeo e Giulietta,
accompagnati
dalla melodia di Madame Butterfly
tra ricordi teneri e incantevoli
e tanti rimpianti.
19
PIOGGIA DI FEBBRAIO.
Nei giorni stretti
e nelle notti lunghi di febbraio,
piove su
bagnata l’aria dalle gocce di pioggia,
bagnata la gente,
bagnate le case e le dolci colline,
bagnati i cipressi, le querce e i
tigli,
bagnati i fiori
ed il tufo senese.
Piove giorno e notte,
entra l’acqua negli spazi cadenti,
scorre sulle strade pendenti,
tutto è bagnato
anche i miei ricordi caduti in oblio,
e le mie poesie silente,
disperse nel vuoto senese,
come le lacrime
20
“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI
– 2007
II. SERENATE NOTTURNE
21
LA VOCE DEI TUOI OCCHI.
Al calare di una notte variopinta
in uno scorcio di via Banchi di Sotto
il brusio delle voci della gente
ha rapito il tuo gioioso saluto,
ma ho visto nei tuoi occhi uno sguardo,
che cadeva sfuggente su di me,
mi sono sentito travolto da una luce
d’amore,
e la voce dei tuoi occhi mi ha
conquistato,
nello spirito mi ha inserito l’amore,
senza lasciarmi via di fuga.
Quella sera il tempo si è fermato
dalla fiamma dei tuoi occhi,
dal tuo sorriso che sfiorava il mio
pensiero,
e nello stupore
un brivido incontrollato correva
sottile,
un sorriso nuovo sorgeva caldo,
illuminando il mio cammino senese.
22
SERENATA NOTTURNA.
Questa sera nessuno dorme,
ascoltando la mia serenata,
che ha invaso i vicoli angusti
in un tripudio festante.
I suoni
salgono per le pareti della strada,
sfiorano il vecchio rossore,
la musica si apre in onde estese,
scivolando gioiosa tra la gente.
Sotto il ritmo della mia canzone
i gerani danzano sul davanzale
pendono sul vuoto in allegria,
e dietro i fiori cresciuti filanti,
splende il tuo sorriso casto,
insieme con la mia canzone.
Affranta la melodia sale lenta,
si unisce con il ritmo della chitarra,
un eco d’amore percorre la strada.
Questa sera estiva senese
ho cantato per te una dolce serenata,
la nostra canzone d’amore,
una nenia vecchia per il tuo cuore.
23
VIENI COME SEI.
Sono seduto in una panchina,
nel giardino di San Agostino,
nascosto sotto i ramoscelli dei pini
piegati,
aspettando il nostro incontro,
e tu ancora non sei arrivata.
Lo so che vuoi diventare bella,
ma io come sempre ti dico,
non badarci se i capelli sono
spettinati,
se manca il rossetto color ciclamino,
non tardare a farti bella,
vieni come sei,
l’amore non ha bisogno di trucchi.
24
TUOI CAPELLI.
Quando scendi la via della Galluzza
invade lo spazio la tua bellezza
nascosta nella sostanza del sorriso
levigata dalla furia del vento
che modella le tue forme leggiadre.
Il vento birichino
ti accarezza i capelli lunghi,
ondulati,
caduti sulle spalle delicate.
In questa bellezza splendore,
se ti avesse visto Botticelli,
avrebbe dipinto color castagna,
i capelli di Venere,
mentre io sarei diventato per sempre,
il pirata del tuo amore.
25
IO, TE E LA LUNA.
Ti ricordi quella notte,
quando il venticello dei nostri baci,
ha scosso le nostre anime,
e appena la luna eburnea,
infilò la luce fioca dalla finestra,
ci ha riconosciuti
e sorpresa dai raggi del nostro amore,
mortificata
andò nascondersi dietro le nuvole.
26
UNA SERA A SIENA.
Sotto una luce morbida,
Siena si scioglie in vicoli solitari,
indifferente
avvolge l’eco dei nostri passi,
sulle pietre fredde sconnesse.
é una notte senza nome
mentre camminiamo nelle vie vuote
legati nella nostra solita intimità
la mia mano sulle tue spalle delicate
la luna sulla montagna,
in un pensiero ordinato da imitare,
con tenerezza la testa poggi
sopra il mio cuore che batte in fretta,
il mio bacio si ferma sulla tua bocca
e ho bevuto amore dalle tue labbra,
dissetami di te.
27
LA LUCE SPIRALE.
Quando scendi dal letto
colore di luna il tuo vestito,
nasconde sotto il fremito di sirena,
il candore del tuo corpo nudo,
la metamorfosi delle tue forme
leggiadre,
i sogni, i desideri, la coscienza,
imbevuti dalla nebbia d’amore,
ti scopro con le mie carezze,
ti copro con i miei baci,
tu fai saltare a pezzi la notte,
intorno spargi la luce a spirale.
28
NON SEI UNA SOLA POESIA.
Dopo che ti sei allontanata,
sono rimasto solo in ombra,
chiuso tra le mura della mia stanza,
come un vortice del vento incerto,
mentre la mia anima
come un fantasma
esce e vola via,
si perpetua in malinconia,
trapassa tutta Siena,
infine trova te,
ti circonda con l’amore,
ti stringe tra le braccia invisibile,
si riempia con la tua bellezza,
ti libera dai pensieri rinchiusi tra le
mura,
ti porta accanto a me,
e tu rimani più amata
ancora più mia,
ti nascondo dentro i miei versi,
e i libri già scritti,
però in te c’è più amore
di quanto c’è in tutte le mie poesie.
29
QUANTE VOLTE ?
Quante volte
ho seguito i miei passi stanchi,
nella mia solitudine,
nei vicoli stretti di Siena,
coperti dal buio fondo,
sfuggendo agli sguardi dei fantasmi,
senza rinunciare alla nostra spirale,
per approdare nel piccolo paradiso,
dove abbiamo riunito i nostri amori,
e ripetuto i sogni fino all’alba.
30
BUON COMPLEANNO.
Oh, mia adorata
la padrona dei miei sogni
stasera avverto con nostalgia
il tormento della tua assenza.
Tu rugiada di fresco mattino,
cenerentola del piccolo paradiso,
la sinfonia dei giorni d’amore,
principessa dei bei sogni,
la fata di mille e una notte,
che invade il mistero senese.
Nei ricordi teneri e incantevoli,
i tuoi occhi fulgidi,
belli di sorrisi stellati,
di cui si riveste il mio pensiero,
rimangono incancellabili,
nella parte sofferente
della mia anima.
Questa notte aspetti fino a tardi
l’arrivo del mio fantasma,
invisibile, ambiguo, e misterioso,
insieme con il vento lieve della sera,
entrerà nella tua camera vuota,
accenderà una ad una le candele,
in fila le legherà insieme,
con sorsi di vino rosso ti farà gli
auguri,
ti regalerà tanti baci, quanto i tuoi
anni,
per la torta ti lascerà il nostro
amore,
e prima di sfuggire come un ladro,
ti canterà una serenata per il tuo
compleanno.
31
LE MIMOSE DI VIA SAVINA PETRILLI.
Il vento di notte invernale,
ha spezzato i rami delle mimose,
ma rinasceranno dal sottosuolo con la
memoria,
a marzo fioriranno di nuovo,
ed io correrò a raccogliere i fiori
ariosi,
nei giardini di Via Savina Petrilli,
farò un mazzo grande,
come il sole primaverile bello tondo,
metterò dentro al colore giallo
un pò della mia gelosia
e tutta la tua brezza d’amore.
32
NON SONO IO ...
Non sono io che faccio rumore,
é il vento che litiga con gli alberi.
Non sono io che rido,
é il vino che ho bevuto ieri.
Non sono io che lamento,
Sono le rose che chiedono di me.
Non sono io che mi nascondo,
è la furtiva luna dietro le nuvole.
Non sono io che piango,
sono i ricordi che hanno perso l’amore.
33
RITORNERÒ.
Ho lasciato la parte di notte,
il letto riscaldato dal nostro amore,
il tuo lampo di ricordi e speranze,
con un passo perso e incerto,
sono entrato nell’enigma del mattino,
dietro mi seguiva uno sciame di sogni,
e il tuo desiderio per ritornare di
nuovo.
34
LA TUA BELLEZZA.
Quando ti ho visto,
ho chiuso gli occhi,
eri come un sole,
mi hai abbagliato con il tuo splendore.
35
TI STO CERCANDO.
Ti ho cercato tutto il giorno
finche il vetro del vespro,
si è frantumato dalla disperazione,
non ti ho trovato da nessuna parte,
ancora ti cerco dappertutto e non ti
vedo,
e ora ti chiedo:
con quale luna stai viaggiando?
36
SIRENA.
Quel giorno che pioveva,
i tuoi occhi avevano colore di pioggia,
il corpo la bellezza di una sirena,
ed io affogavo nel tuo sguardo intenso.
37
IL TUO CORPO D’AMORE.
Le gocce di pioggia,
come lacrime di una vergine,
cadono sui vetri della mia stanza,
si sciolgono in mille molecole
invisibili,
ma non si cancella la tua immagine,
ed il tuo lunare corpo d’amore.
38
NON CHIUDERE GLI OCCHI.
Perché chiudi gli occhi quando ti
bacio,
Non senti la dolcezza dell’amore?
Perchè nascondi la tua passione
infuocata?
O da me hai paura?
Non temere mia adorata,
io non ho la faccia del diavolo,
non sono neanche un angelo,
io respiro nel tuo casto sguardo,
tu sei vento che diventa eros,
mentre io un morto risuscito
dall’amore.
39
ERA NOTTE.
Era una notte senza nome
era la più bella notte
quando ci siamo incontrati per la prima
volta
tutto se ne stava immobile
la luna fermò la corsa
il cielo sovrapposto sull’amore
caduti le stelle
diventati polvere
d’intorno divinamente fu vento,
ma lasciò dentro i nostri cuori,
il grande eterno amore.
Ora che io non ci sono più
abbia un pò di pietà
non cancellare quella notte
passata nel nostro piccolo paradiso
era una notte di lungo amore
quella doveva rimanere per sempre solo
notte
non doveva arrivare al mattino.
40
IL PRIMO BACIO.
Scivola il mio tempo rimasto,
senza ritorno, senza perdono,
per il mio spirito vinto e stremato,
tra pensieri sfumati di giorni sbagliati,
e tanti ricordi caduti in oblio,
ma tu padrona dei miei sogni,
non mi fai mai scordare,
il primo bacio sotto il gelsomino
rimasto sigillato per sempre
nella piazza di San Provenzano
che mi segue a ogni piè sospinto…
41
LO SGUARDO CLANDESTINO.
Con un sguardo clandestino,
guardo il tuo viso sorridente
dipinto di rosa
come i nostri sogni accesi
e sotto la maglia trasparente
vedo come biancheggia il tuo seno
tutto bianco latte
liberato dalle ombre.
Mentre tu mi guardi intensamente
i raggi di sole di questo giorno
d’estate
trapassano tra le tue ciglia,
mi riscaldano l’anima
e il giorno prende il tuo nome.
42
“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI
– 2007
IV. SILENZIO
43
SILENZIO.
Il tempo sospeso nel silenzio
dell’anima,
intorno a me un vuoto oscuro,
deriso silenzio impone inutile,
dentro di te cela il fuoco d’amore,
ma il resto è ancora in ombra.
44
LACRIMA INAMORATA.
Ricordo quel giorno,
quando mi hai accarezzato
una lacrima innamorata,
con il tuo dito dolce ed incredulo,
mi hai consolato con un bacio,
mi hai salutato con il tuo casto
sorriso,
poi lentamente e senza guardarmi,
ti sei allontanata,
svaniti il tuo profumo e la tua
impronta,
incombe il vuoto della tua presenza,
lampo breve che divide,
l’attesa dal rimpianto,
di vite vissute e amori sognati,
il passato senza traccia,
ma anche senza un futuro.
45
LA CENA MANCATA.
Il tuo invito promesso
non è mai arrivato
in questa mia attesa lunga.
La nostra cena è saltata
i sogni sono vinti,
vincolati al silenzio
i calici di cristallo pieni di vino
sulla tavola perennemente apparecchiata
rimasti immobili le tue mani diafane
le nostre anime svuotate
perse nel vuoto le parole
anche questa volta
hanno vinto i fantasmi.
46
PERSI ENTRAMBI.
Nel silenzio infinito di una sera
mentre camminavo in Via di Città,
ho sentito qualcuna che mi chiamava,
un attimo soltanto, e mi tremava il
cuore,
da quella inconfondibile voce,
che arrivò fragrante
come il nostro amore.
È passato molto tempo da allora,
ritorno ogni giorno invano in questa
via,
ma non mi richiama nessuna,
non capisco se sono perso io o è persa
lei,
ma, mi sembra
ci siamo persi entrambi.
47
FIORI DI CILIEGIO.
In un meriggio annegato di luce,
di aria ricamato del caldo primaverile,
lo zefiro vivace accarezza i fiori,
lento stempera il sonno dei ciliegi,
e fa cadere i petali bianchi,
come lettere d’amore sognatrici,
che danzano con i flussi del vento,
e parano noi entrambi sotto il
ciliegio,
nascosti nella nostra intimità,
riscaldati nei teneri abbracci,
riempiti di baci
e lusinghe d’amore.
48
NELLA NOSTRA INTIMITÀ.
Nelle lunghe passeggiate a Pian del
Lago
camminando negli stretti viottoli,
mettendo in ballo i nostri sentimenti,
entrambi ascoltiamo in silenzio
il muto canto della foresta
che dondola le nostre anime al vento
e riunisce i nostri corpi.
Mi guardi negli occhi
e ti guardo intensamente,
il tuo soave sorriso attraverso il sole
mi sussurra il tuo amore,
il mio cuore batte con il tuo cuore,
i nostri volti si avvicinano piano,
entrambi chiudiamo gli occhi,
ed io depredo con i baci caldi,
il tuo bel sorriso,
lasciando fuori tutto il mondo.
49
SPERANZA.
Vorrei camminare accanto a te in
silenzio,
guardare i tuoi occhi
dove è rinchiuso il cielo,
condividere il tuo sorriso
come fiori di primavera,
pronunciare il tuo nome
che é tutto la tua anima,
ma non riesco,
perché tu rimani lontano,
ecco perché parlo stupidamente
e metto il mio cuore dietro le parole,
nascondo il mio amore per paura
che tu faccia lo stesso.
Nel mio silenzio ho perso,
il prodigio dei tuoi occhi di fata,
il tuo sorriso casto,
l’ultimo bacio promesso,
o solitaria rosa bianca,
di sole vestita.
50
“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI
– 2007
III. ALTRI VERSI
51
LETTERA DI MADRE.
Ricordo sempre
la prima lettera di mia madre,
che mi inviò quando ero studente,
poche parole e tanto amore,
scritte in tutte le lettere,
senza punti e senza virgole,
le lettere come geroglifici,
sopra e sotto le righe,
la calligrafia da prima elementare,
ma io la leggevo con il cuore.
Tra le parole che scriveva mia madre
sentivo le vecchie ninne nanne,
ascoltavo i consigli della mia maestra,
e la sua preoccupazione
per il futuro dottore.
Era semplice la lettera di mia madre,
ma i suoi comandamenti
mi parlavano con la voce alta
mi inspiravano speranza e fiducia.
Mia madre scriveva poco
e firmava con uno scarabocchio,
alla fine non dimenticava i saluti
“ti abbraccio e ti bacio gli occhi”,
ed io ancora non capisco,
dove la trovava mia madre
tutta questa poesia.
52
MADRE.
É invecchiata mia madre
scalando le montagne di fatica,
si stringe il tempo fedifrago,
sui capelli ha lasciato strisce
bianche,
e sotto il peso degli anni,
mia madre è diventata più piccola,
si è abbassata verso la terra,
ma dentro il suo petto
il cuore è rimasto grande.
Con le sue mani ha cucito le nostre
vite
faticate dalla povertà e di sogni
infranti,
ha pianto in silenzio di nascosto,
con gli occhi miti guardava verso il
futuro,
per fare ricca la nostra infanzia,
tra l’innocenza e le ninne-nanne,
e la sua tenerezza che nessuno conosce.
Ora che è diventata vecchia,
ogni volta dimentica qualcosa,
arrabbiata litiga con se stessa,
e nel vago parla con i raggi di sole
che entrano dalla finestra aperta;
mentre la sera dopo la lunga
stanchezza,
con il sorriso della vita,
pensierosa guarda il cielo,
chiacchiera con la luna e le stelle,
e quando io la guardo da lontano,
brilla come un punto vivo
all’orizzonte.
53
ELEGIA DELLA MADRE.
Madre, madre mia
l'ansia si fa più pesante, più
soffocante, guardando la tua sofferenza.
Il dolore del corpo ammalato,
che tu tenevi nascosto,
e io non riuscivo a toglierti.
......................................
Lo sguardo perso sulla via
dell’eternità,
la voce affogata nella tua anima,
la parola incastrata tra le labbra,
su quel rimasto e l’altro fatto cenere,
in un nonnulla vestito di dolore,
l’ultima luce da occhi sommersi nel
buio,
le ciglia gelate dalla vita spenta,
bagnate dall’ultima lacrima calda,
insorta dagli occhi stanchi,
con nostalgia per i figli allontanati.
…………………………………..
Da tempo lontano nel tuo candore,
dal celeste scendi da me senza parole,
nei primi chiarori di ogni giorno,
ti vedo sussistere nel vago,
incrociato con la luce il tuo mite
sguardo.
54
PADRE.
Era la vita del mio padre, che non si è
mai lasciata vivere come aveva voluto. A volte,
la sentiva passare, come una dolce
brezza di vento, che spandeva il profumo del fiore. A volte,
riempita di fatica, rabbia e rancore,
sotto gli occhi increduli e stanchi, con le speranze sempre zoppicanti,
e di tanti pensieri mai messi in
ordine.
…………………………………
Era la sua vita,
una lunga corsa fermata a mezza strada,
che non è stata mai abbastanza per
saziarti, di più vissuta dagli istanti che lo accarezzavano,
e poi ferita dalle schegge di sogni in
frantumi.
………………………………………….
Era il dolore,
che sorprendeva il suo corpo ammalato,
però lui la teneva nascosto
ed io non riuscivo a togliere.
………………….
Era il mio padre
che desiderava molto dalla vita, perché
lo sapeva
a volta la vita prende di più,
ma di solito regala poco,
ingiustamente. ……………………………….. Era la
sua dedizione e l’amore,
nella presenza dei tutti noi vissuti
insieme, davanti ad occhi che sognavano sempre, un raggio di sole ad illuminare
le nostre vite.
…………………………………..
Era il padre,
anche il mio miglior amico
che mi stava vicino,
me stringeva la mano quando mi sentivo
solo
mi illuminava nei momenti buii
e mi guidava quando perdevo la strada.
………………………….
Ora, la casa è rimasta sorda,
55
il suo passo non risuona, non si sente
la sua voce forte,
non si vede il suo sguardo mite,
e il suo sorriso espresso in ogni
lingua,
ci mancano i suoi modi di
domatore,
che tenevano tra le sue mani, sempre,
le redini delle nostre anime.
………………………….
Era il padre, tra noi è rimasto il
dolore nel padre,
e padre nel dolore.
56
MI SENTO STANCO DALLA VECCHIAIA.
Mi sento stanco dalla vecchiaia,
avvolto dalle tenebre di notte senza
sonno,
guardando l’infinito
chiedo a me stesso:
vale vivere, o meglio morire ?!
Con questo vecchio dilemma
e con le mani nelle tasche vuote,
cammino nelle strade imbrunite di
pensieroso guardo la gente,
ma nessuno mi parla,
nessuno mi chiede,
che cosa ho nel mio cuore,
che cosa ho nella testa bianca dalle
fatiche …
Così camminando stanco e senza
speranza,
un giorno si spegnerà la mia anima,
senza rumore e senza lamento,
come un sospiro della luna,
che lento tramonta nell’orizzonte
stretto.
Nei giorni, quando non ci sarò a
sotto la terra mi diventerò invisibile,
sparso come la materia oscura,
gli amici non mi vedranno nel mio bar
preferito,
seduto davanti alla tazzina di caffè,
con la sigaretta, che si brucia dentro,
come la mia anima ferita ……
Nelle strade di
strette, ombrose, lastricate,
mancheranno i miei passi stanchi,
anche la mia tosse secca di fumatore
e cosi in silenzio mi dimenticheranno
per sempre.
E quando sentirai che ti manco troppo,
amore mio, non ti scordare di me,
nella biblioteca prendi i miei libri,
sfoglia uno dopo l’altro,
mi troverai nascosto tra le pagine
polverose,
seduto tra le righe strette,
soprapensieroso,
e per sempre taciturno,
mentre sopra la mia tomba silenziosa,
coperto dai pettali delle rose
appassite,
come un abate povero,
crescerà solitario un cipresso.
57
LO STRANIERO.
Triste,
con dolore
in fuga
con fatica,
ho girovagato da una terra a un'altra,
senza una dimora mia,
libero,
ma senza la libertà,
come una quercia senza radici,
una pietra
precipitata nel crepaccio,
dentro di me un fiume amaro.
Pellegrino del proprio destino,
uomo che speravo,
uomo che sognavo,
uomo che anelavo,
uomo che fuggivo,
rimasto senza niente,
uomo da niente,
con le mani ho catturato il vento
caldo,
ho rubato gli occhi
e ne facevo lanterna,
sono uscito nelle strade aperte
correvo, correvo, correvo
verso un nuovo tempo,
ma quando mi vedevano cosi solo,
hanno detto: “quello non è il nostro”.
Il destino
mi ha tolto gli amori,
mi ha chiuso tutte le porte,
e quando mi hanno visto uomo romito,
dicevano: “lui è profugo”.
Hanno detto che sono itinerante,
mi hanno legato la voce,
hanno cercato di prendermi gli occhi,
hanno incatenato i miei pensieri,
e poi hanno detto: questo è “lo
straniero”.
Ho camminato
per le strade
con tutte le ragioni di essere vivo,
ho riunito la mia voce con la vostra,
vi ho offerto tutta la mia amicizia,
anche se mi chiamate “straniero”.
58
La mia amicizia non è un peso,
ed io non sono indifferente,
quando mi chiamate straniero,
ma non potete portare via quello che
sono,
ed io non dimentico di essere me
stesso.
59
LA SFIDA DI ANNA.
Nella sua gioventù Anna incontrò il
cancro
che viaggiava dentro il suo seno
annidarsi subdolo, nascosto,
silenzioso,
i suoi tormenti le avevano ucciso il
sorriso,
e il cuore traboccava di dolore.
Aspettava in ansia la diagnosi,
con le mani ancora tremanti,
la parola spenta sulle labbra,
la paura dilagava
tra le lacrime amare e sospiri,
e nel vissuto denso di dolore.
La triste notizia
come rintocchi di una campana,
trapassava la sua anima fragile,
che stava tra realtà e cuore,
ma non trovava il suo porto.
In una piccola stanza d’ospedale,
lunghe le notti senza sonno
intrecciati nel cancro e l’anima
sofferente,
le chiazze di dolore invisibili,
si attaccano ai muri bianchi e nudi,
strillando come una musica triste.
Il cancro litiga,
il cancro urla,
echeggiando rauco sotto le lenzuola,
soffocato dai farmaci.
Nella cura
hanno iniziato a cadere le ciocche,
ha perso i bei capelli,
allora ha visto il suo cancro,
ma il cielo non è caduto.
Dopo lunghi giorni di lotta con il male,
la sfida con la morte è finita,
ha riportato in luce la sua vita,
ha ritrovato la gioventù ed il suo
amore.
Ora un nuovo raggio luminoso
sorge dai suoi occhi lucenti,
che guida il suo sguardo,
le asciuga le lacrime,
e tiene acceso un sorriso dolce.
60
MIO AMICO CENTENNE ...
Ci incontriamo ogni mattina
in via Ventiquattro Maggio
con il mio amico centenne di
Boccheggiano,
che mi aspetta seduto su una panchina
spillando in silenzio il suo passato.
Lui mi racconta storie vecchie,
nel tempo molto vecchie,
per quelle che non abbiamo letto nei
libri,
per quelle che non hanno scritto i
giornali,
per le fatiche da Sisifo dei contadini,
per il lavoro duro nella miniera di
ferro,
e i viaggi con l’asino fin a
quando stava dentro la mura di cinta,
chiusa sola in se stessa.
Alla fine, con una voce fioca
conta gli anni fin al cento
e mi dice: “tra un mese fò centouno”.
Ride e alza la mano verso il cielo
e poi aggiunge:
“ora sono l’ombra della morte che conta
i vivi,
a chi prossimi mandare gli inviti”.
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CAVALIERE DELLA TRISTEZZA.
Il cavallo della tristezza,
nel vecchio sentiero mi aspettava,
lo cavalcavo e correvamo
nell’invisibile,
cercando di uscire dalla notte fonda,
ma nel suo corso impazzito,
all’improvviso mi ha spronato,
sono caduto in terra,
come un cavaliere delle ballate,
colpito alla schiena,
da una freccia della notte infedele.
62
IL DESTINO.
Il mio destino
come un demone addormentato,
dimenticato nella sua solitudine,
rampicato sulla “mea culpa”
avvèlena e annerisce i miei giorni
rimasti,
trascina nel buio i miei angeli,
che respirano con fatica katarsis.
Sotto le ombre nere di una vita
sgretolata,
il destino demoniaco,
cerca di uccidere il mio tempo,
cerca di uccidere i miei sogni,
cerca di uccidere il mio futuro,
ma io scavo la fronte
libero sfreccio nel celeste,
dove non può raggiungermi il demone,
e non può uccidermi tre volte.
63
VALI.
Un bel giorno d’estate,
sono tornato nel mio paese nativo,
da per tutto regnava la tranquillità,
e la mia nostalgia per il mio bel Vali.
Con i miei passi lunghi ed incerti ,
camminavo nei sentieri fioriti,
appoggiato sulle falde delle montagne
bianche,
accompagnato dai canzoni degli uccelli,
e dai voli affrettati delle colombe.
Da per tutto trovavo una bordata di
case abbandonate,
in fila una vicina l’altra,
nascoste tra gli alberi inclinati,
come barche che si affondano nel mare
verde,
mentre le montagne magnifiche rimangono
mute,
congelate nella loro solitudine.
64
IL MIO PAESE SULLE MONTAGNE.
Lieve, lontano il Vali mi invita,
mi scosse e dentro mi scuote ancora,
la nostalgia mi prende per mano,
mi conduce in quei bei luoghi,
appollaiati tra i piedi dei monti,
dove il sole illumina il paesaggio,
e il canto
mi fa ricordare,
quante volte ho abbracciato le montagne.
65
LE CASE DEI PICCIONI.
In un bel giorno d’estate,
la mia casa in lontano Vali
si è svegliata dalla solitudine,
il vento fa cadere le noci sui tetti,
fa battere la latta arrugginita sulla
porta,
tra i vetri rotti entra la luce
lacerata,
mentre dentro le camere vuote,
i piccioni hanno costruito le nuove
dimore.
66
NOSTALGIA.
Prima della fuga scritta sulla terra
volevo staccare la mia ombra
da quel mondo di ribalderia
spegnere il fuoco
dimenticare gli antichi deliri
ma quando sono partito
ho visto che avevo spento i sogni.
Ora legato alle corde dei ricordi,
bivacco in un altro mondo,
da quella parte sospiro il tramonto,
dall’altra respiro nell’alba,
e la traccia
pieno di dolore e nostalgia,
mi conduce fin alla parte perduta,
dove lo spazio intorno
non porta il mio peso,
ma la mia lunga assenza.
67
IL VENTO E LA LUNA.
Vento birichino che gioca con le
foglie,
che spinge le nuvole contro il cielo,
spettina i capelli delle ragazze,
accarezza le montagne,
rapisce il grido dei gabbiani,
girovaga per tutto il mondo,
diventa almeno una
anche il mio buon socio,
e quando vai verso l’oriente,
prendi un pò dalla mia anima,
colmata dalle lacrime di nostalgia,
e portala lontano verso l’alba,
falle sorpassare il mare ondeggiato,
e quando arrivi nel mio lontano Vali,
appoggiala sulle cime delle montagne,
nei prati inebrianti di profumi dei
fiori,
all’alba verdi, al crepuscolo
arrossati,
falla passare le foreste spettinate,
lasciala lì durante tutto il giorno a
riposare,
e tardi la sera,
qui a Siena
me la riporta la luna.
68
Walter FUSI – 2007: “Ascolti le luci”
CANTO DI GIOIA
69
L’ARRIVO DI EMMA.
Da molto tempo mi hai fatto magia,
volando nei miei sogni,
come le promesse delle favole,
nascosta sulle due ali d’amore
tu mia principessa,
tu mia reggina
tu mia bella Emma.
Ora che sei arrivata,
rimarrò con te cara nipotina,
raggi di luce dei mie occhi,
anima della mia anima.
Ogni giorno giocheremo insieme,
ti prenderò nelle mie mani,
ti dondolerò nella culla,
ti insegnerò i segreti del mondo,
ti canterò tenere ninne-nanne,
e quando ti sveglierai,
ti stringerò forte
sul mio petto affettuoso e caldo
fin al mio ultimo respiro.
70
UNA CANZONE PER LA MIA NIPOTINA EMMA.
Sei arrivata come raggio di sole,
mia bella nipotina Emma,
dentro la nostra casa,
ci hai portato l’arcobaleno,
l‘arco lungo dalla Danimarca
all’Italia,
e pieno di colori dei fiori
dell‘Albania!
Mi parli danese ed italiano,
e canti in albanese come l‘usignolo,
chiacchiera con me tutto il giorno,
il tuo vocabolario,
pieno di parole sconesse,
e di suoni di tutte le lingue del
mondo,
però nessuno sa tradurre,
tranne me, che parlo con te.
Quando mi chiedi:
Nonno come è l’Albania“?
Non riesco a spiegarti cosi da lontano!
ma ti dico in modo chiaro,
l’Albania è dentro nel tuo sangue.
Ogni giorno giochiamo insieme,
ti vedo correndo nei prati danesi,
e sulle coline delle crete senesi,
come si arrampica sulle montagne
albanesi,
e quando mi inviti a venire dietro di
te,
io corro, ma non riesco a seguirti
piccola mia,
nel mio corpo pesano troppi gli anni!
Quando andrai in scuola,
io non so come aiutarti,
però una cosa posso dirti con chiarezza
al cuore danese di tua madre,
il tuo babbo ha regalo luce di sole
albanese,
e sopra esse
tu devi scrivere in lingua italiana.
Il tuo nonno è come una luna calante,
sospeso nei cieli dell’abbandono,
con la metà illuminata sorride alla sua
nipotina,
con la metà oscura, piange di nascosto
la lontananza.
Insieme siamo tutti i giorni,
ed io rido quando mi inviti a seguirti,
71
mentre tu raccogli fiori nei prati
senesi,
e giochi con i raggi di luce,
io sorrido con l’erba verde,
che un giorno,
coprirà in silenzio la mia tomba.