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Lutfi Alia: Luna Senese

E shtune, 06.07.2013, 05:01 PM


LUTFI ALIA

LUNA SENESE

Poesie

SIENA 2013

1

 

Alla mia nipotina EMMA

Lutfi ALIA

LUNA SENESE

2° EDIZIONE

2

SIENA 2013

INDICE

Prefazione: 4

Prof Guido Morgese

I. Misteri senesi 5

II. Serenate notturne 21

III. Silenzio 43

IV. Altri versi 51

V. Canto di gioia 69

3

Prefazione.

L’incombere di una solitudine che la folla vociante accentua e un amore temporaneamente cancella, il frequente affiorare di una dolente, pacata nostalgia, il martellare di un “calvario” pudicamente non narrato, ma facilmente intuibile come elemento cardine dell’esistenza, sono tra le note dominanti che percorrono i versi di questo poeta, sensibile e discreto, semplice e profondo.

Fa da sfondo gran parte dei brani di questo raccolta, e spesso con un ruolo da protagonista, un paesaggio urbano, quello delle vie di Siena, sinuose, ricche d’ombra e di mistero, ma “lastricate” e, quindi, indifferenti alle vicissitudini, ai sentimenti, al dolore. Illuminate talvolta da anguste strisce di cielo o da balconi fioriti, ma pronte ad accogliere la notte, il buio, i tristi pensieri, la livida pioggia. Forse anche protettive dell’esule nel suo solitario vagabondare, eppur in palese contrasto con gli aperti prati fioriti nelle valli profumate del natio Vali, fra le montagne “spettinate” di boschi.

Siena approdo, Siena balsamo per ferite mai chiuse, Siena storia, ma anche Siena mistero, Siena che racchiude il segreto e l’indifferenza.

E l’altra protagonista è la luna, che da il titolo alla raccolta.

La luna è l’amica migliore, luce nella notte, che rassicura perché sempre uguale e affascina perché sempre diversa: … “luna che ride, luna che piange, luna che sale, luna che scende, luna che compare, luna che si nasconde, luna di giorno, luna di notte, luna calante, luna piena…”; luna che danza, “timida e silenziosa”, che cammina maestosa su Siena, che a volte assume le sembianze e lo stato d’animo del poeta, …”silente luna, pallida eremita…” a volte indifferente: “fredda e silenziosa”, a volte gioca, “spensierata si specchia diventando blu”, a volte scopre gli amanti quasi con imbarazzo.

Un posto speciale discreto e tenerissimo fra i versi di Alia è occupato dai ricordi della madre lontana che invecchia, della madre che soffre e suscita ansia e sensi di colpa, rimpianti e ricordi: poesia Elegia della madre è un canto alto e triste, che merita di essere ricordato, insieme a L’amore senese, Notte senese, ed Una canzone per la mia nipotina EMMA, fra le più belle poesie di questa affascinante raccolta.

Prof Guido MORGESE

4

“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI – 2007

I. MISTERI SENESI

5

 

L’AMORE SENESE.

Cammino ogni giorno

nel denso mistero senese,

calpestando il grigio indifferente,

e l’ombra della torre del Mangia

che mi accompagna con i suoni di bronzo

scesi dalla campana appesa al cielo.

Per molti anni e pochi giorni

persi negli anfratti del tempo,

macinando pensieri senza costrutto,

nel calvario d’abbandono,

senza badare al mio destino,

passo nel labirinto senese

percorrendo le vie lastricate,

anguste, tortuose ed ombreggiate,

mi fermo sotto i gerani fioriti su davanzali,

e davanti i portali chiusi,

il mio passo ebbro rifugge il morente sole,

i suoi raggi sul filo dei tetti scrutano il cielo,

muro dopo muro la città nel mistero,

davanti il mio cammino incerto,

apre il sentiero verso la via d’amore,

ove una luce senza margini d’ombra,

illumina l’oscurità del tempo,

ed il mio cammino tormentato,

buttando in oblio i pensieri del passato.

6

NOTTE SENESE.

Il sole tramonta come un canto soave,

si chiude lento il giorno senese,

respira la città un palpito sopito

sotto il silenzio del crepuscolo.

Su onde confuse di vento,

le nuvole stese come un triste velo,

affumicano lento il cielo,

nascondendo la luna calante,

mentre la città entra nel notturno

come un film in bianco e nero.

Abbracciato con il freddo della sera,

il buio si arrampica sulla punta dei campanili;

va distesa verso le colline nude,

furba scende la notte tenebrosa,

ma rimane sospesa su Siena;

ha paura di occupare il suo spazio,

le luci le strappano il volto annerito.

Il buio denso come uno straccio squarciato,

nell’ètere allunga la ragnatela nera,

entra nei vicoli stretti e profondi,

si sdraia sui mattoni incupiti,

e nei rigurgiti della notte magica,

oscura il vecchio rossore,

spegne il suono rumoroso del giorno,

mette in narcosi la campagna annebbiata,

inizia la sinfonia sorda del notturno senese.

Notte silenziosa

notte serena

lenta processione,

di tanto buio all’estremo orizzonte,

dentro di te riposa la vita

stanca dalla giornata rumorosa,

le mura vibrano di bisbiglianti fruscii,

mentre io sto immobile dentro il notturno,

nei chiaroscuri del tempo che avevo perso,

logoro con i miei sogni in silenzio,

che ondeggiano sopra i pensieri stenti,

mi scaldo con la fiducia nel futuro,

e per il nuovo amore senese.

7

VIA DEI TUFI.

Ogni pomeriggio

tornavo a piedi a casa,

prendevo la vecchia via dei Tufi,

stretta, ripida e dissestata,

accompagnato dall’eco dei miei passi,

che disordinati calpestavano l’asfalto

e le piccole pozzanghere dopo la pioggia autunnale.

Pensieroso

camminavo solitario con il cuore stretto,

sotto l’ombra degli ulivi,

sentivo il respiro lungo del vento,

parlavo con i ramoscelli delle querce,

litigavo con i rovi pensili sulla strada,

ascoltavo i canti dei passeri,

ed i versi dei fagiani innamorati,

e quando entravo nel cortile della dimora,

dalla veranda pieno di rose rosse,

mi invitava la padrona di casa ,

a prendere insieme una camomilla.

Lei mi raccontava le sue vecchie storie d’amore,

ed io il mio calvario senza fine.

Tornai tredici anni dopo in via dei Tufi

ho trovato vuoto il cortile,

silenziosa la casa,

non c’era più la vecchia signora,

le rose erano appassite,

solo un bocciolo di rosa bianca,

su davanzale della finestra della padrona di casa,

pendeva sul vuoto solitario e pensoso.

8

VIA MASSETANA.

La finestra della mia stanza

guarda sulla via Massetana,

che sale nei meandri verso Porta San Marco,

tra i filari di pini e cipressi,

che ariosi rapiscono il mio sguardo.

La finestra vecchia della mia stanza,

si affatica a far passare la luce,

si fa ombra su di me,

e tiene nascosti i ricordi,

che giocano furtivi sui muri bianchi.

Le macchine che passano di notte,

mi impediscono di dormire,

e nella lunga insonnia,

dalla finestra della mia stanza,

guardo la luna alle porte del cielo,

dove vaga solitaria e malinconica,

mi parla senza voce con un sussurro di luce,

mentre io nella mia solitudine,

ammiro il suo magico incanto.

9

VIA BANCHI DI SOTTO.

Lungo il selciato in Via Banchi di Sotto,

al bagliore delle lampadine,

tra loro legate e nel vuoto appese,

sotto il cielo di notte senese,

luce e buio intrecciati insieme

e la mia passeggiata indifferente.

Infilato nel corteo lungo e rumoroso

dei contradaioli gioiosi, alla vigilia del Palio,

che percorre lo spazio stretto in Banchi di Sotto,

in due flussi disordinati di andata e ritorno,

il mio passo lento sotto il peso della solitudine,

si unisce con la gente nel tripudio fragoroso,

un’eco di gioia invade il vicolo,

come un canto stonato uscito dal mistero senese.

10

LA NOTTE DI SAN LORENZO.

In basso il nero fondo

nasconde i segreti senesi,

in alto uno spicchio di luna,

ed i pallidi astri sparsi nel cielo polveroso,

aperto nella notte di San Lorenzo,

illuminato dalle stelle cadenti,

che piovono infuocate

come esili pensieri,

s’infilano lenti nel buio denso,

a tutti hanno esaudito i desideri,

a me hanno negato quelli veri,

anche se me lo avevano promesso,

non hanno portato il mio amore,

smarrita nella oscurità della notte,

tra la lunga veglia e il sonno perso.

11

LA PORTA CAMOLLIA.

“Cor magis tibi Sena pandit” *

Tre archi

sorgono maestosi,

come un grido profondo

che sale dalla pietra serena,

si aprono e si chiudono alle tre porte,

legate con le vie strette,

profonde, ombreggiate,

allungate tra le corti scurite,

e le case arroccate,

passando lungo i portali aperti,

muro dopo muro della città nel mistero,

il loro traguardo la piazza del Campo,

e la sagoma della torre del Mangia.

Tre porte,

tre uscite,

tre entrate,

nel crinale del tempo senza soste,

hanno aperto il cuore senese ai viandanti,

ai vecchi etruschi,

e i romani,

alla gloria dei paladini,

in continuità dei pellegrini,

e tutti gli amici e nuovi ospiti,

che hanno imbastito i rioni senesi.

Sotto l’arco di queste porte,

hanno abbassato la testa,

i barbari rabbiosi,

e vandali sozzi, i re conquistatori e sconfitti,

tutti, i vecchi e i nuovi nemici.

Le porte di Camollia

rimaste immobili nel corso dei secoli,

come una fotografia attempata,

dove i colori sono tratteggiati,

su una parete crepata dal tempo.

Aperte rimangono le porte

nella notte indolente,

ogni mattina bagnate di rugiada

si innalzano ebbre da misteri notturni,

e nel giorno rumoroso senese,

come lo sbadiglio della vita che si sveglia,

iniziano il perpetuo cammino,

formicolante gioisce il giorno senese,

12

si disperde il libertino splendore,

aspettando i giorni festosi del palio,

e le canzoni dei contradaioli,

accompagnati dalle chiarine

e dai suoni delle campane,

insieme riempiono tutto il cielo senese,

annunciando la vittoria dell’Istrice,

che mette il vestito festoso per tutte le stagioni.

* Siena apre il grande cuore per il viandante”

La vecchia scrittura sulla Porta di Camollia.

13

LA NOTTE SULLE CRETE SENESE.

Sfoglio la notte

di Siena addormentata,

e dalla mia anima

distesa come un velo scosso dai venti,

fuggo avvolto dall’invisibile,

sempre più lontano

dallo sfolgorio delle luci.

Trapasso

spazi sospesi sopra sospiri infiniti,

e mi fermo

dove si estendono le crete senesi,

in dolci onde nude,

in un ampio respiro di mistero,

che si unisce in rapsodie notturne,

tra i colli grigi e i pianori verdi,

dove muore affannosamente la monotonia,

ma non muoio io e il mio amore …

14

LUNA SENESE.

Un orizzonte di notte profonda,

oscura silenziosa solitudine,

mormora placida Siena magica,

sotto poche forme confuse,

indistinte in bianco e nero.

Seduto sul pendio dei pensieri

guardo la luna sul cielo poggiarsi

e nel chiaror della luce eburnea,

che lento squarcia il buio

mi desto da un lungo sogno.

Notte e mente misteriose

illuminate dalla luna

luce e buio insieme

il visibile ridiventa invisibile

di fronte a me sta la luna senese

fredda e silenziosa,

luna che ride,

luna che piange,

luna che sale,

luna che scende,

luna che compare,

luna che si nasconde,

luna di giorno,

luna di notte,

luna calante,

luna piena,

eburnea luna

lenta si innalza sulla montagna

per poi adagiarsi sul confine del cielo,

insieme con le stelle lucenti,

che accompagnano i miei pensieri,

fatti di fantasie infinite,

dispersi nell’aria senese.

15

DANZA DELLA LUNA.

In una serata subdola senese,

ebbro dai misteri della notte,

seduto in Piazza del Campo

sotto il freddo silenzioso del buio,

mirando l’orizzonte chiuso,

vedo dietro la nuvola che si dissipa,

come danza la luna piena,

timida e silenziosa,

su Siena cammina maestosa,

inumidisce il suo bianco velo,

si unisce con quelle delle stelle,

insieme iniziano il battesimo dell’alba,

che biancheggerà potente l’indomani,

al mattino rorido,

devastando il buio denso,

per far nascere il nuovo giorno senese.

16

LA LUNA CALANTE.

Su Siena scende in ritardo la sera,

da tutte le parti calano i misteri,

dietro le confuse nuvole dense

la luna calante ferma la corsa,

resta come una finestra aperta,

e mi reca un messaggio da lontano,

raccontandomi tutto,

niente mi nasconde,

prima di andare nel suo viaggio senza sosta,

la silente luna, pallida eremita,

in distonia la sua vita traviata,

mi ha lasciato solo nel mio dolore,

sequestrato dal notturno senese,

aspettando con nostalgia,

di ritornare a Siena

dopo la notte ipnotica.

17

LUNA BLU.

La luna

sale sull’orizzonte notturno,

infrange il buio

cade nel mare,

nel lago e nel fiume,

spensierata si specchia diventando blu,

tremula con ritmo delle onde,

si frantuma in mille lustrini,

raggi di luna,

aneliti notturni,

splende in blu la luna,

si lava nell’acqua di Fonte Gaia,

si asciuga nella notte,

per rinascere

eburnea

luna nuova

nel cielo di domani.

18

LA LUNA FREDDA.

L’ultima sera insieme

una candela nella camera buia

scavava nel nero inesauribile,

creava un cerchio di luce sul soffitto

e poi venne spenta dalle nostre lacrime.

Nel buio denso di quella notte

dalla finestra aperta

indifferente

guardava la luna fredda

noi due

insieme

come Romeo e Giulietta,

accompagnati

dalla melodia di Madame Butterfly

tra ricordi teneri e incantevoli

e tanti rimpianti.

19

PIOGGIA DI FEBBRAIO.

Nei giorni stretti

e nelle notti lunghi di febbraio,

piove su Siena,

bagnata l’aria dalle gocce di pioggia,

bagnata la gente,

bagnate le case e le dolci colline,

bagnati i cipressi, le querce e i tigli,

bagnati i fiori

ed il tufo senese.

Piove giorno e notte,

entra l’acqua negli spazi cadenti,

scorre sulle strade pendenti,

tutto è bagnato

anche i miei ricordi caduti in oblio,

e le mie poesie silente,

disperse nel vuoto senese,

come le lacrime del mio dolore.

20

“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI – 2007

II. SERENATE NOTTURNE

21

 

LA VOCE DEI TUOI OCCHI.

Al calare di una notte variopinta

in uno scorcio di via Banchi di Sotto

il brusio delle voci della gente

ha rapito il tuo gioioso saluto,

ma ho visto nei tuoi occhi uno sguardo,

che cadeva sfuggente su di me,

mi sono sentito travolto da una luce d’amore,

e la voce dei tuoi occhi mi ha conquistato,

nello spirito mi ha inserito l’amore,

senza lasciarmi via di fuga.

Quella sera il tempo si è fermato

dalla fiamma dei tuoi occhi,

dal tuo sorriso che sfiorava il mio pensiero,

e nello stupore del mio cuore,

un brivido incontrollato correva sottile,

un sorriso nuovo sorgeva caldo,

illuminando il mio cammino senese.

22

SERENATA NOTTURNA.

Questa sera nessuno dorme,

Siena ha perso il suo sonno,

ascoltando la mia serenata,

che ha invaso i vicoli angusti

in un tripudio festante.

I suoni del canto,

salgono per le pareti della strada,

sfiorano il vecchio rossore,

la musica si apre in onde estese,

scivolando gioiosa tra la gente.

Sotto il ritmo della mia canzone

i gerani danzano sul davanzale

pendono sul vuoto in allegria,

e dietro i fiori cresciuti filanti,

splende il tuo sorriso casto,

insieme con la mia canzone.

Affranta la melodia sale lenta,

si unisce con il ritmo della chitarra,

un eco d’amore percorre la strada.

Questa sera estiva senese

ho cantato per te una dolce serenata,

la nostra canzone d’amore,

una nenia vecchia per il tuo cuore.

23

VIENI COME SEI.

Sono seduto in una panchina,

nel giardino di San Agostino,

nascosto sotto i ramoscelli dei pini piegati,

aspettando il nostro incontro,

e tu ancora non sei arrivata.

Lo so che vuoi diventare bella,

ma io come sempre ti dico,

non badarci se i capelli sono spettinati,

se manca il rossetto color ciclamino,

non tardare a farti bella,

vieni come sei,

l’amore non ha bisogno di trucchi.

24

TUOI CAPELLI.

Quando scendi la via della Galluzza

invade lo spazio la tua bellezza

nascosta nella sostanza del sorriso

levigata dalla furia del vento

che modella le tue forme leggiadre.

Il vento birichino

ti accarezza i capelli lunghi, ondulati,

caduti sulle spalle delicate.

In questa bellezza splendore,

se ti avesse visto Botticelli,

avrebbe dipinto color castagna,

i capelli di Venere,

mentre io sarei diventato per sempre,

il pirata del tuo amore.

25

IO, TE E LA LUNA.

Ti ricordi quella notte,

quando il venticello dei nostri baci,

ha scosso le nostre anime,

e appena la luna eburnea,

infilò la luce fioca dalla finestra,

ci ha riconosciuti

e sorpresa dai raggi del nostro amore,

mortificata

andò nascondersi dietro le nuvole.

26

UNA SERA A SIENA.

Sotto una luce morbida,

Siena si scioglie in vicoli solitari,

indifferente

avvolge l’eco dei nostri passi,

sulle pietre fredde sconnesse.

é una notte senza nome

mentre camminiamo nelle vie vuote

legati nella nostra solita intimità

la mia mano sulle tue spalle delicate

la luna sulla montagna,

in un pensiero ordinato da imitare,

con tenerezza la testa poggi

sopra il mio cuore che batte in fretta,

il mio bacio si ferma sulla tua bocca

e ho bevuto amore dalle tue labbra,

dissetami di te.

27

LA LUCE SPIRALE.

Quando scendi dal letto

colore di luna il tuo vestito,

nasconde sotto il fremito di sirena,

il candore del tuo corpo nudo,

la metamorfosi delle tue forme leggiadre,

i sogni, i desideri, la coscienza,

imbevuti dalla nebbia d’amore,

ti scopro con le mie carezze,

ti copro con i miei baci,

tu fai saltare a pezzi la notte,

intorno spargi la luce a spirale.

28

NON SEI UNA SOLA POESIA.

Dopo che ti sei allontanata,

sono rimasto solo in ombra,

chiuso tra le mura della mia stanza,

come un vortice del vento incerto,

mentre la mia anima

come un fantasma

esce e vola via,

si perpetua in malinconia,

trapassa tutta Siena,

infine trova te,

ti circonda con l’amore,

ti stringe tra le braccia invisibile,

si riempia con la tua bellezza,

ti libera dai pensieri rinchiusi tra le mura,

ti porta accanto a me,

e tu rimani più amata

ancora più mia,

ti nascondo dentro i miei versi,

e i libri già scritti,

però in te c’è più amore

di quanto c’è in tutte le mie poesie.

29

QUANTE VOLTE ?

Quante volte

ho seguito i miei passi stanchi,

nella mia solitudine,

nei vicoli stretti di Siena,

coperti dal buio fondo,

sfuggendo agli sguardi dei fantasmi,

senza rinunciare alla nostra spirale,

per approdare nel piccolo paradiso,

dove abbiamo riunito i nostri amori,

e ripetuto i sogni fino all’alba.

30

BUON COMPLEANNO.

Oh, mia adorata

la padrona dei miei sogni

stasera avverto con nostalgia

il tormento della tua assenza.

Tu rugiada di fresco mattino,

cenerentola del piccolo paradiso,

la sinfonia dei giorni d’amore,

principessa dei bei sogni,

la fata di mille e una notte,

che invade il mistero senese.

Nei ricordi teneri e incantevoli,

i tuoi occhi fulgidi,

belli di sorrisi stellati,

di cui si riveste il mio pensiero,

rimangono incancellabili,

nella parte sofferente

della mia anima.

Questa notte aspetti fino a tardi

l’arrivo del mio fantasma,

invisibile, ambiguo, e misterioso,

insieme con il vento lieve della sera,

entrerà nella tua camera vuota,

accenderà una ad una le candele,

in fila le legherà insieme,

con sorsi di vino rosso ti farà gli auguri,

ti regalerà tanti baci, quanto i tuoi anni,

per la torta ti lascerà il nostro amore,

e prima di sfuggire come un ladro,

ti canterà una serenata per il tuo compleanno.

31

LE MIMOSE DI VIA SAVINA PETRILLI.

Il vento di notte invernale,

ha spezzato i rami delle mimose,

ma rinasceranno dal sottosuolo con la memoria,

a marzo fioriranno di nuovo,

ed io correrò a raccogliere i fiori ariosi,

nei giardini di Via Savina Petrilli,

farò un mazzo grande,

come il sole primaverile bello tondo,

metterò dentro al colore giallo

un pò della mia gelosia

e tutta la tua brezza d’amore.

32

NON SONO IO ...

Non sono io che faccio rumore,

é il vento che litiga con gli alberi.

Non sono io che rido,

é il vino che ho bevuto ieri.

Non sono io che lamento,

Sono le rose che chiedono di me.

Non sono io che mi nascondo,

è la furtiva luna dietro le nuvole.

Non sono io che piango,

sono i ricordi che hanno perso l’amore.

33

RITORNERÒ.

Ho lasciato la parte di notte,

il letto riscaldato dal nostro amore,

il tuo lampo di ricordi e speranze,

con un passo perso e incerto,

sono entrato nell’enigma del mattino,

dietro mi seguiva uno sciame di sogni,

e il tuo desiderio per ritornare di nuovo.

34

LA TUA BELLEZZA.

Quando ti ho visto,

ho chiuso gli occhi,

eri come un sole,

mi hai abbagliato con il tuo splendore.

35

TI STO CERCANDO.

Ti ho cercato tutto il giorno

finche il vetro del vespro,

si è frantumato dalla disperazione,

non ti ho trovato da nessuna parte,

ancora ti cerco dappertutto e non ti vedo,

e ora ti chiedo:

con quale luna stai viaggiando?

36

SIRENA.

Quel giorno che pioveva,

i tuoi occhi avevano colore di pioggia,

il corpo la bellezza di una sirena,

ed io affogavo nel tuo sguardo intenso.

37

IL TUO CORPO D’AMORE.

Le gocce di pioggia,

come lacrime di una vergine,

cadono sui vetri della mia stanza,

si sciolgono in mille molecole invisibili,

ma non si cancella la tua immagine,

ed il tuo lunare corpo d’amore.

38

NON CHIUDERE GLI OCCHI.

Perché chiudi gli occhi quando ti bacio,

Non senti la dolcezza dell’amore?

Perchè nascondi la tua passione infuocata?

O da me hai paura?

Non temere mia adorata,

io non ho la faccia del diavolo,

non sono neanche un angelo,

io respiro nel tuo casto sguardo,

tu sei vento che diventa eros,

mentre io un morto risuscito dall’amore.

39

ERA NOTTE.

Era una notte senza nome

era la più bella notte

quando ci siamo incontrati per la prima volta

tutto se ne stava immobile

la luna fermò la corsa

il cielo sovrapposto sull’amore

caduti le stelle

diventati polvere

d’intorno divinamente fu vento,

ma lasciò dentro i nostri cuori,

il grande eterno amore.

Ora che io non ci sono più

abbia un pò di pietà

non cancellare quella notte

passata nel nostro piccolo paradiso

era una notte di lungo amore

quella doveva rimanere per sempre solo notte

non doveva arrivare al mattino.

40

IL PRIMO BACIO.

Scivola il mio tempo rimasto,

senza ritorno, senza perdono,

per il mio spirito vinto e stremato,

tra pensieri sfumati di giorni sbagliati,

e tanti ricordi caduti in oblio,

ma tu padrona dei miei sogni,

non mi fai mai scordare,

il primo bacio sotto il gelsomino

rimasto sigillato per sempre

nella piazza di San Provenzano

che mi segue a ogni piè sospinto…

41

LO SGUARDO CLANDESTINO.

Con un sguardo clandestino,

guardo il tuo viso sorridente

dipinto di rosa

come i nostri sogni accesi

e sotto la maglia trasparente

vedo come biancheggia il tuo seno

tutto bianco latte

liberato dalle ombre.

Mentre tu mi guardi intensamente

i raggi di sole di questo giorno d’estate

trapassano tra le tue ciglia,

mi riscaldano l’anima

e il giorno prende il tuo nome.

42

“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI – 2007

IV. SILENZIO

43

 

SILENZIO.

Il tempo sospeso nel silenzio dell’anima,

intorno a me un vuoto oscuro,

deriso silenzio impone inutile,

dentro di te cela il fuoco d’amore,

ma il resto è ancora in ombra.

44

LACRIMA INAMORATA.

Ricordo quel giorno,

quando mi hai accarezzato

una lacrima innamorata,

con il tuo dito dolce ed incredulo,

mi hai consolato con un bacio,

mi hai salutato con il tuo casto sorriso,

poi lentamente e senza guardarmi,

ti sei allontanata,

svaniti il tuo profumo e la tua impronta,

incombe il vuoto della tua presenza,

lampo breve che divide,

l’attesa dal rimpianto,

di vite vissute e amori sognati,

il passato senza traccia,

ma anche senza un futuro.

45

LA CENA MANCATA.

Il tuo invito promesso

non è mai arrivato

in questa mia attesa lunga.

La nostra cena è saltata

i sogni sono vinti,

vincolati al silenzio

i calici di cristallo pieni di vino

sulla tavola perennemente apparecchiata

rimasti immobili le tue mani diafane

le nostre anime svuotate

perse nel vuoto le parole

anche questa volta

hanno vinto i fantasmi.

46

PERSI ENTRAMBI.

Nel silenzio infinito di una sera

mentre camminavo in Via di Città,

ho sentito qualcuna che mi chiamava,

un attimo soltanto, e mi tremava il cuore,

da quella inconfondibile voce,

che arrivò fragrante

come il nostro amore.

È passato molto tempo da allora,

ritorno ogni giorno invano in questa via,

ma non mi richiama nessuna,

non capisco se sono perso io o è persa lei,

ma, mi sembra

ci siamo persi entrambi.

47

FIORI DI CILIEGIO.

In un meriggio annegato di luce,

di aria ricamato del caldo primaverile,

lo zefiro vivace accarezza i fiori,

lento stempera il sonno dei ciliegi,

e fa cadere i petali bianchi,

come lettere d’amore sognatrici,

che danzano con i flussi del vento,

e parano noi entrambi sotto il ciliegio,

nascosti nella nostra intimità,

riscaldati nei teneri abbracci,

riempiti di baci

e lusinghe d’amore.

48

NELLA NOSTRA INTIMITÀ.

Nelle lunghe passeggiate a Pian del Lago

camminando negli stretti viottoli,

mettendo in ballo i nostri sentimenti,

entrambi ascoltiamo in silenzio

il muto canto della foresta

che dondola le nostre anime al vento

e riunisce i nostri corpi.

Mi guardi negli occhi

e ti guardo intensamente,

il tuo soave sorriso attraverso il sole

mi sussurra il tuo amore,

il mio cuore batte con il tuo cuore,

i nostri volti si avvicinano piano,

entrambi chiudiamo gli occhi,

ed io depredo con i baci caldi,

il tuo bel sorriso,

lasciando fuori tutto il mondo.

49

SPERANZA.

Vorrei camminare accanto a te in silenzio,

guardare i tuoi occhi

dove è rinchiuso il cielo,

condividere il tuo sorriso

come fiori di primavera,

pronunciare il tuo nome

che é tutto la tua anima,

ma non riesco,

perché tu rimani lontano,

ecco perché parlo stupidamente

e metto il mio cuore dietro le parole,

nascondo il mio amore per paura

che tu faccia lo stesso.

Nel mio silenzio ho perso,

il prodigio dei tuoi occhi di fata,

il tuo sorriso casto,

l’ultimo bacio promesso,

o solitaria rosa bianca,

di sole vestita.

50

“Carmina Burana”: Opera di Walter FUSI – 2007

III. ALTRI VERSI

51

 

LETTERA DI MADRE.

Ricordo sempre

la prima lettera di mia madre,

che mi inviò quando ero studente,

poche parole e tanto amore,

scritte in tutte le lettere,

senza punti e senza virgole,

le lettere come geroglifici,

sopra e sotto le righe,

la calligrafia da prima elementare,

ma io la leggevo con il cuore.

Tra le parole che scriveva mia madre

sentivo le vecchie ninne nanne,

ascoltavo i consigli della mia maestra,

e la sua preoccupazione

per il futuro dottore.

Era semplice la lettera di mia madre,

ma i suoi comandamenti

mi parlavano con la voce alta

mi inspiravano speranza e fiducia.

Mia madre scriveva poco

e firmava con uno scarabocchio,

alla fine non dimenticava i saluti

“ti abbraccio e ti bacio gli occhi”,

ed io ancora non capisco,

dove la trovava mia madre

tutta questa poesia.

52

MADRE.

É invecchiata mia madre

scalando le montagne di fatica,

si stringe il tempo fedifrago,

sui capelli ha lasciato strisce bianche,

e sotto il peso degli anni,

mia madre è diventata più piccola,

si è abbassata verso la terra,

ma dentro il suo petto

il cuore è rimasto grande.

Con le sue mani ha cucito le nostre vite

faticate dalla povertà e di sogni infranti,

ha pianto in silenzio di nascosto,

con gli occhi miti guardava verso il futuro,

per fare ricca la nostra infanzia,

tra l’innocenza e le ninne-nanne,

e la sua tenerezza che nessuno conosce.

Ora che è diventata vecchia,

ogni volta dimentica qualcosa,

arrabbiata litiga con se stessa,

e nel vago parla con i raggi di sole

che entrano dalla finestra aperta;

mentre la sera dopo la lunga stanchezza,

con il sorriso della vita,

pensierosa guarda il cielo,

chiacchiera con la luna e le stelle,

e quando io la guardo da lontano,

brilla come un punto vivo all’orizzonte.

53

ELEGIA DELLA MADRE.

Madre, madre mia

l'ansia si fa più pesante, più soffocante, guardando la tua sofferenza.

Il dolore del corpo ammalato,

che tu tenevi nascosto,

e io non riuscivo a toglierti.

......................................

Lo sguardo perso sulla via dell’eternità,

la voce affogata nella tua anima,

la parola incastrata tra le labbra,

su quel rimasto e l’altro fatto cenere,

in un nonnulla vestito di dolore,

l’ultima luce da occhi sommersi nel buio,

le ciglia gelate dalla vita spenta,

bagnate dall’ultima lacrima calda,

insorta dagli occhi stanchi,

con nostalgia per i figli allontanati.

…………………………………..

Da tempo lontano nel tuo candore,

dal celeste scendi da me senza parole,

nei primi chiarori di ogni giorno,

ti vedo sussistere nel vago,

incrociato con la luce il tuo mite sguardo.

54

PADRE.

Era la vita del mio padre, che non si è mai lasciata vivere come aveva voluto. A volte,

la sentiva passare, come una dolce brezza di vento, che spandeva il profumo del fiore. A volte,

riempita di fatica, rabbia e rancore, sotto gli occhi increduli e stanchi, con le speranze sempre zoppicanti,

e di tanti pensieri mai messi in ordine.

…………………………………

Era la sua vita,

una lunga corsa fermata a mezza strada,

che non è stata mai abbastanza per saziarti, di più vissuta dagli istanti che lo accarezzavano,

e poi ferita dalle schegge di sogni in frantumi.

………………………………………….

Era il dolore,

che sorprendeva il suo corpo ammalato,

però lui la teneva nascosto

ed io non riuscivo a togliere.

………………….

Era il mio padre

che desiderava molto dalla vita, perché lo sapeva

a volta la vita prende di più,

ma di solito regala poco,

ingiustamente. ……………………………….. Era la sua dedizione e l’amore,

nella presenza dei tutti noi vissuti insieme, davanti ad occhi che sognavano sempre, un raggio di sole ad illuminare le nostre vite.

…………………………………..

Era il padre,

anche il mio miglior amico

che mi stava vicino,

me stringeva la mano quando mi sentivo solo

mi illuminava nei momenti buii

e mi guidava quando perdevo la strada.

………………………….

Ora, la casa è rimasta sorda,

55

il suo passo non risuona, non si sente la sua voce forte,

non si vede il suo sguardo mite,

e il suo sorriso espresso in ogni lingua,

ci mancano i suoi modi di domatore,

che tenevano tra le sue mani, sempre,

le redini delle nostre anime.

………………………….

Era il padre, tra noi è rimasto il dolore nel padre,

e padre nel dolore.

56

MI SENTO STANCO DALLA VECCHIAIA.

Mi sento stanco dalla vecchiaia,

avvolto dalle tenebre di notte senza sonno,

guardando l’infinito del cielo stellato,

chiedo a me stesso:

vale vivere, o meglio morire ?!

Con questo vecchio dilemma

e con le mani nelle tasche vuote,

cammino nelle strade imbrunite di Siena,

pensieroso guardo la gente,

ma nessuno mi parla,

nessuno mi chiede,

che cosa ho nel mio cuore,

che cosa ho nella testa bianca dalle fatiche …

Così camminando stanco e senza speranza,

un giorno si spegnerà la mia anima,

senza rumore e senza lamento,

come un sospiro della luna,

che lento tramonta nell’orizzonte stretto.

Nei giorni, quando non ci sarò a Siena,

sotto la terra mi diventerò invisibile,

sparso come la materia oscura,

gli amici non mi vedranno nel mio bar preferito,

seduto davanti alla tazzina di caffè,

con la sigaretta, che si brucia dentro,

come la mia anima ferita ……

Nelle strade di Siena,

strette, ombrose, lastricate,

mancheranno i miei passi stanchi,

anche la mia tosse secca di fumatore

e cosi in silenzio mi dimenticheranno per sempre.

E quando sentirai che ti manco troppo,

amore mio, non ti scordare di me,

nella biblioteca prendi i miei libri,

sfoglia uno dopo l’altro,

mi troverai nascosto tra le pagine polverose,

seduto tra le righe strette,

soprapensieroso,

e per sempre taciturno,

mentre sopra la mia tomba silenziosa,

coperto dai pettali delle rose appassite,

come un abate povero,

crescerà solitario un cipresso.

57

LO STRANIERO.

Triste,

con dolore

in fuga

con fatica,

ho girovagato da una terra a un'altra,

senza una dimora mia,

libero,

ma senza la libertà,

come una quercia senza radici,

una pietra

precipitata nel crepaccio,

dentro di me un fiume amaro.

Pellegrino del proprio destino,

uomo che speravo,

uomo che sognavo,

uomo che anelavo,

uomo che fuggivo,

rimasto senza niente,

uomo da niente,

con le mani ho catturato il vento caldo,

ho rubato gli occhi del giorno

e ne facevo lanterna,

sono uscito nelle strade aperte del mondo,

correvo, correvo, correvo

verso un nuovo tempo,

ma quando mi vedevano cosi solo,

hanno detto: “quello non è il nostro”.

Il destino

mi ha tolto gli amori,

mi ha chiuso tutte le porte,

e quando mi hanno visto uomo romito,

dicevano: “lui è profugo”.

Hanno detto che sono itinerante,

mi hanno legato la voce,

hanno cercato di prendermi gli occhi,

hanno incatenato i miei pensieri,

e poi hanno detto: questo è “lo straniero”.

Ho camminato

per le strade del mondo,

con tutte le ragioni di essere vivo,

ho riunito la mia voce con la vostra,

vi ho offerto tutta la mia amicizia,

anche se mi chiamate “straniero”.

58

La mia amicizia non è un peso,

ed io non sono indifferente,

quando mi chiamate straniero,

ma non potete portare via quello che sono,

ed io non dimentico di essere me stesso.

59

LA SFIDA DI ANNA.

Nella sua gioventù Anna incontrò il cancro

che viaggiava dentro il suo seno

annidarsi subdolo, nascosto, silenzioso,

i suoi tormenti le avevano ucciso il sorriso,

e il cuore traboccava di dolore.

Aspettava in ansia la diagnosi,

con le mani ancora tremanti,

la parola spenta sulle labbra,

la paura dilagava

tra le lacrime amare e sospiri,

e nel vissuto denso di dolore.

La triste notizia

come rintocchi di una campana,

trapassava la sua anima fragile,

che stava tra realtà e cuore,

ma non trovava il suo porto.

In una piccola stanza d’ospedale,

lunghe le notti senza sonno

intrecciati nel cancro e l’anima sofferente,

le chiazze di dolore invisibili,

si attaccano ai muri bianchi e nudi,

strillando come una musica triste.

Il cancro litiga,

il cancro urla,

echeggiando rauco sotto le lenzuola,

soffocato dai farmaci.

Nella cura del suo corpo,

hanno iniziato a cadere le ciocche,

ha perso i bei capelli,

allora ha visto il suo cancro,

ma il cielo non è caduto.

Dopo lunghi giorni di lotta con il male,

la sfida con la morte è finita,

ha riportato in luce la sua vita,

ha ritrovato la gioventù ed il suo amore.

Ora un nuovo raggio luminoso

sorge dai suoi occhi lucenti,

che guida il suo sguardo,

le asciuga le lacrime,

e tiene acceso un sorriso dolce.

60

MIO AMICO CENTENNE ...

Ci incontriamo ogni mattina

in via Ventiquattro Maggio

con il mio amico centenne di Boccheggiano,

che mi aspetta seduto su una panchina

spillando in silenzio il suo passato.

Lui mi racconta storie vecchie,

nel tempo molto vecchie,

per quelle che non abbiamo letto nei libri,

per quelle che non hanno scritto i giornali,

per le fatiche da Sisifo dei contadini,

per il lavoro duro nella miniera di ferro,

e i viaggi con l’asino fin a Siena

quando stava dentro la mura di cinta,

chiusa sola in se stessa.

Alla fine, con una voce fioca

conta gli anni fin al cento

e mi dice: “tra un mese fò centouno”.

Ride e alza la mano verso il cielo

e poi aggiunge:

“ora sono l’ombra della morte che conta i vivi,

a chi prossimi mandare gli inviti”.

61

CAVALIERE DELLA TRISTEZZA.

Il cavallo della tristezza,

nel vecchio sentiero mi aspettava,

lo cavalcavo e correvamo nell’invisibile,

cercando di uscire dalla notte fonda,

ma nel suo corso impazzito,

all’improvviso mi ha spronato,

sono caduto in terra,

come un cavaliere delle ballate,

colpito alla schiena,

da una freccia della notte infedele.

62

IL DESTINO.

Il mio destino

come un demone addormentato,

dimenticato nella sua solitudine,

rampicato sulla “mea culpa”

avvèlena e annerisce i miei giorni rimasti,

trascina nel buio i miei angeli,

che respirano con fatica katarsis.

Sotto le ombre nere di una vita sgretolata,

il destino demoniaco,

cerca di uccidere il mio tempo,

cerca di uccidere i miei sogni,

cerca di uccidere il mio futuro,

ma io scavo la fronte del cielo,

libero sfreccio nel celeste,

dove non può raggiungermi il demone,

e non può uccidermi tre volte.

63

VALI.

Un bel giorno d’estate,

sono tornato nel mio paese nativo,

da per tutto regnava la tranquillità,

e la mia nostalgia per il mio bel Vali.

Con i miei passi lunghi ed incerti ,

camminavo nei sentieri fioriti,

appoggiato sulle falde delle montagne bianche,

accompagnato dai canzoni degli uccelli,

e dai voli affrettati delle colombe.

Da per tutto trovavo una bordata di case abbandonate,

in fila una vicina l’altra,

nascoste tra gli alberi inclinati,

come barche che si affondano nel mare verde,

mentre le montagne magnifiche rimangono mute,

congelate nella loro solitudine.

64

IL MIO PAESE SULLE MONTAGNE.

Lieve, lontano il Vali mi invita,

mi scosse e dentro mi scuote ancora,

la nostalgia mi prende per mano,

mi conduce in quei bei luoghi,

appollaiati tra i piedi dei monti,

dove il sole illumina il paesaggio,

e il canto del vento freddo,

mi fa ricordare,

quante volte ho abbracciato le montagne.

65

LE CASE DEI PICCIONI.

In un bel giorno d’estate,

la mia casa in lontano Vali

si è svegliata dalla solitudine,

il vento fa cadere le noci sui tetti,

fa battere la latta arrugginita sulla porta,

tra i vetri rotti entra la luce lacerata,

mentre dentro le camere vuote,

i piccioni hanno costruito le nuove dimore.

66

NOSTALGIA.

Prima della fuga scritta sulla terra

volevo staccare la mia ombra

da quel mondo di ribalderia

spegnere il fuoco del mio spirito

dimenticare gli antichi deliri

ma quando sono partito

ho visto che avevo spento i sogni.

Ora legato alle corde dei ricordi,

bivacco in un altro mondo,

da quella parte sospiro il tramonto,

dall’altra respiro nell’alba,

e la traccia del mio sguardo,

pieno di dolore e nostalgia,

mi conduce fin alla parte perduta,

dove lo spazio intorno

non porta il mio peso,

ma la mia lunga assenza.

67

IL VENTO E LA LUNA.

Vento birichino che gioca con le foglie,

che spinge le nuvole contro il cielo,

spettina i capelli delle ragazze,

accarezza le montagne,

rapisce il grido dei gabbiani,

girovaga per tutto il mondo,

diventa almeno una volta,

anche il mio buon socio,

e quando vai verso l’oriente,

prendi un pò dalla mia anima,

colmata dalle lacrime di nostalgia,

e portala lontano verso l’alba,

falle sorpassare il mare ondeggiato,

e quando arrivi nel mio lontano Vali,

appoggiala sulle cime delle montagne,

nei prati inebrianti di profumi dei fiori,

all’alba verdi, al crepuscolo arrossati,

falla passare le foreste spettinate,

lasciala lì durante tutto il giorno a riposare,

e tardi la sera,

qui a Siena

me la riporta la luna.

68

Walter FUSI – 2007: “Ascolti le luci”

CANTO DI GIOIA

69

 

L’ARRIVO DI EMMA.

Da molto tempo mi hai fatto magia,

volando nei miei sogni,

come le promesse delle favole,

nascosta sulle due ali d’amore

tu mia principessa,

tu mia reggina

tu mia bella Emma.

Ora che sei arrivata,

rimarrò con te cara nipotina,

raggi di luce dei mie occhi,

anima della mia anima.

Ogni giorno giocheremo insieme,

ti prenderò nelle mie mani,

ti dondolerò nella culla,

ti insegnerò i segreti del mondo,

ti canterò tenere ninne-nanne,

e quando ti sveglierai,

ti stringerò forte

sul mio petto affettuoso e caldo

fin al mio ultimo respiro.

70

UNA CANZONE PER LA MIA NIPOTINA EMMA.

Sei arrivata come raggio di sole,

mia bella nipotina Emma,

dentro la nostra casa,

ci hai portato l’arcobaleno,

l‘arco lungo dalla Danimarca all’Italia,

e pieno di colori dei fiori dell‘Albania!

Mi parli danese ed italiano,

e canti in albanese come l‘usignolo,

chiacchiera con me tutto il giorno,

il tuo vocabolario,

pieno di parole sconesse,

e di suoni di tutte le lingue del mondo,

però nessuno sa tradurre,

tranne me, che parlo con te.

Quando mi chiedi:

Nonno come è l’Albania“?

Non riesco a spiegarti cosi da lontano!

ma ti dico in modo chiaro,

l’Albania è dentro nel tuo sangue.

Ogni giorno giochiamo insieme,

ti vedo correndo nei prati danesi,

e sulle coline delle crete senesi,

come si arrampica sulle montagne albanesi,

e quando mi inviti a venire dietro di te,

io corro, ma non riesco a seguirti piccola mia,

nel mio corpo pesano troppi gli anni!

Quando andrai in scuola,

io non so come aiutarti,

però una cosa posso dirti con chiarezza

al cuore danese di tua madre,

il tuo babbo ha regalo luce di sole albanese,

e sopra esse

tu devi scrivere in lingua italiana.

Il tuo nonno è come una luna calante,

sospeso nei cieli dell’abbandono,

con la metà illuminata sorride alla sua nipotina,

con la metà oscura, piange di nascosto la lontananza.

Insieme siamo tutti i giorni,

ed io rido quando mi inviti a seguirti,

71

 

mentre tu raccogli fiori nei prati senesi,

e giochi con i raggi di luce,

io sorrido con l’erba verde,

che un giorno,

coprirà in silenzio la mia tomba.

Siena 21 giugno 2013



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